Ci sono delle cose nella vita che si conoscono solo per sentito dire e di cui però si conoscono quasi tutti i particolari.La seconda guerra mondiale è un argomento che si studia a scuola e che conosciamo quasi tutti a grandi linee. Alcune delle parole chiave potrebbero essere: guerra, morti, ebrei, campi di concentramento, olocausto, shoa, treni, Auschwitz.
Per la maggior parte delle persone la seconda guerra mondiale è indelebilmente associata all'idea degli ebrei nei lager con i vestiti a righe. Sono stati fatti centinaia di film e pubblicati migliaia di libri ma non penso che molti abbiano davvero approfondito l'argomento: perché andare a rinvangare qualcosa di così atroce? Forse per capire che ciò che è successo una volta potrebbe anche capitare ancora? Forse per capire che il progetto di sterminio degli ebrei non fu una decisione impulsiva ma un piano iniziato già negli anni '30? Forse perché dopo la fine della guerra ci sono state persone che hanno tentato di negare l'esistenza dei campi, dei crematori e del programma di soluzione finale?
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pianta di Birkenau |
Il libro di Shlomo Venezia, ebreo greco (catturato quando aveva vent'anni) si colloca proprio qui, testimone diretto della faccia più oscura del campo di Auschwitz: le camere a gas, le fosse comuni ed i crematori.Shlomo fu uno dei pochi sopravvissuti di quel tremendo reparto i cui compiti erano:
- accompagnare i selezionati all'interno degli spogliatoi
- invitarli a togliersi i vestiti con calma per fare la doccia
- sbarrare le porte
- calare dall'alto lo Zyklon B
- recuperare i cadaveri
- tagliare loro i capelli
- cavare loro i denti d'oro
- portarli nelle fosse a cielo aperto o nei crematori
- pulire e ridipingere i locali delle camere a gas dopo ogni gassazione
perché la sua testimonianza è così importante?
Perché poco prima della fine della guerra i tedeschi bruciarono tutti i documenti relativi al numero degli internati dei campi e della soluzione finale e smantellarono le parti più compromettenti dei lager ovvero i crematori e le camere a gas. E soprattutto perché chi lavorava nel sonderkommando di solito veniva eliminato ogni tre mesi, così da non lasciare testimoni! Il sonderkommando era composto solo da ebrei che vivevano isolati dagli altri internati. E Auschwitz fu l'unico campo in cui i prigionieri venivano tatuati col numero identificativo.
Senza cellulari ed internet l'esistenza di tali barbarie sembrava solo una fake news, come direbbero oggi, ed anche gli altri internati, soprattutto quelli appena arrivati, non avevano idea di cosa li aspettasse nei locali delle docce.
Possibile che i nazisti rastrellassero tutta Europa per catturare gli ebrei per poi ucciderli appena arrivati ad Auschwitz?
Ebbene si, quella è l'incredibile ed inumana verità. Pensate che ogni qual volta arrivava un convoglio solo il 10% delle persone superava la selezione mentre tutti gli altri andavano direttamente nelle camere a gas!
Ogni camera poteva contenere dalle 800 alle 1500 persone. E a differenza di quanto scrisse Hoss, il comandante di Aushwitz, la morte con lo Zyklon B non era veloce (quasi dieci minuti) ed il sonderkommando si trovava davanti scene atroci di persone piene di escoriazioni, sangue o escrementi. Ad Auschwitz si arrivarono ad uccidere più di 4000 persone al giorno ed i camini fumavano giorno e notte…
Shlomo ebbe la "fortuna" di arrivare ad Auschwitz verso la fine della seconda guerra mondiale, a metà 1944, e la furbizia di disobbedire all'ultimo ordine (durante l'evacuazione del campo gli venne detto di aspettare in una baracca - per essere eliminato insieme agli altri del sonderkommando - ed invece uscì mischiandosi agli altri internati in quella che venne chiamata la marcia della morte). Della sua famiglia si salvarono solo in tre.
La testimonianza di Shlomo Venezia è credibile e toccante: si sentono quasi i morsi della fame ed il freddo pungente ma soprattutto si percepisce il dolore vissuto e la forza dell'uomo riuscito a sopravvivere, nonostante tutto.
Shlomo Venezia si sposò ed ebbe tre figli ma raccontò quasi nulla alla famiglia di quello che aveva vissuto ad Auschwitz perché non voleva "caricarli di un peso inutile e doloroso da portare"; partecipò però a numerose iniziative scolastiche come testimone dell'inferno in Terra. Visse in Italia e per molti fu semplicemente Bruno.
Questo libro vide la luce solo nel 2007 ed è accompagnato dalle immagini di alcuni quadri di un altro sopravvissuto David Olère che ho scelto di allegare in questo post.
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