Ciao,
oggi vi parlo di un libro (forse) meno conosciuto di Primo Levi ma che nell'edizione Einaudi Tascabili è unito al più (tristemente) celebre Se questo è un uomo.
Ma di cosa parla La tregua? Tregua da che cosa?
Innanzitutto partiamo dal termine che il dizionario Treccani definisce così:
trégua (o trègua, ant. triègua) s. f. [dal lat. mediev. treuga, di origine germanica]. – 1. Sospensione temporanea delle ostilità stabilita da due belligeranti ed estesa a tutto il teatro di guerra o a un solo settore, stipulata per raccogliere feriti, seppellire morti, prendere misure igieniche, chiedere ordini e istruzioni per agevolare trattative, ecc.: fare t. o una t. (far t. col nemico; i due eserciti hanno fatto una t.); chiedere una t.; accordare, concedere una t.; 2. estens. Sospensione di qualsiasi ostilità, cessazione temporanea da una lotta, da rivendicazioni, anche tra fazioni o partiti politici, in campo sindacale, o tra gruppi avversarî o tra privati. 3. fig. Cessazione, pausa, sosta, riposo, riferito a condizioni e situazioni dolorose, penose, spiacevoli: Le sue permutazion non hanno triegue (Dante, della Fortuna); dolori, sofferenze che non hanno t., che non danno tregua;
Sinteticamente, La tregua di Levi "contiene il resoconto del suo lungo viaggio di ritorno su e giù per un'Europa non ancora rinsavita dalla follia collettiva".
E proprio nelle pagine finali è Levi a scrivere così: "I mesi or ora trascorsi, pur duri, di vagabondaggio ai margini della civiltà, ci apparivano adesso come una tregua, una parentesi di illimitata disponibilità, un dono provvidenziale ma irripetibile del destino".
A fine gennaio del 1945 i russi raggiunsero l'infermeria del lager di Buna-Monowitz dove erano rimaste in ottocento persone (di circa diecimila) malate, tra cui il venticinquenne Primo Levi (tutti i sani erano stati condotti dai tedeschi nella marcia della morte da cui non si salvò nessuno). Degli ottocento malati a salvarsi furono
in pochi: cinquecento morirono prima dell'arrivo dei russi e altri duecento nei giorni immediatamente successivi!Eh si perché pensate che quando i tedeschi "evacuarono" il campo, appiccando incendi e facendo scoppiare delle bombe, lasciarono i malati a se stessi senza acqua, cibo e riscaldamento. In una nazione in cui la temperatura scendeva facilmente anche venti gradi sotto lo zero. I primi aiuti arrivarono materialmente dai polacchi che portarono una mucca (macellata e divorata in pochissimo tempo) e che prestarono le prime cure ai malati. Poi le persone vennero trasportate nella città-lager di Auschwitz, di lì a poca distanza, dove i russi si presero cura di quegli ex prigionieri in condizioni disumane provenienti da mille mondi. In preda alla febbre e circondato da cuccette che si riempivano orribilmente di cadaveri, Primo Levi sembra cedere in ritardo alla violenza del lager trascinandosi debolmente tra un block e l'altro. Appena rimessosi, inizia il lungo viaggio che lo vedrà tornare a casa solamente un anno dopo, il 19 ottobre 1945!). Le linee ferroviarie erano devastate e soprattutto nell'esercito russo non c'era chiarezza su che cosa fare di tutte quelle persone.
A differenza di Se questo è un uomo, che è un racconto molto razionale e quasi metodico del periodo vissuto da prigioniero di un campo di lavoro nazista, La tregua ha tutta un'altra atmosfera e sono i legami umani, quelli quasi impossibili da crearsi e descrivere nel primo libro, a farla da padrone. Un nome su tutti vi rimarrà nel cuore, quello di Cesare: il ragazzo che parlava solo romano e che sperava, anzi pretendeva, che tutti lo capissero e che riusciva sempre a cavarsela in ogni circostanza. Fantastico il capitolo Una curizetta che si può spiegare col modo di dire "chi lingua ha, a Roma va" (Cesare riesce a farsi dare una gallina da una sciura di un minuscolo paese polacco mettendo in scena tutta una serie di gesti ed imitazioni ridicole ed al limite dell'assurdo che però portano i loro frutti). Ci sono poi il greco (Mordo Nahun), Leonardo, l'infermiera Marja Fjodorovna e la sosta al campo di Katowice dove Primo Levi fece l'assistente medico.
C'è la fine della guerra, in Polonia, l'8 maggio ed i festeggiamenti sfrenati dei russi a suon di balli e di rappresentazioni teatrali.
Ci sono gli interminabili viaggi in treno tra continue soste e cambi di vagone e le tratte che invece di andare verso Sud continuano a portare i superstiti in un Nord sconosciuto.
la mappa con segnato l'itinerario fatto da Primo Levi per tornare a casa |
C'è l'esperienza di una sorta di "comune" nel minuscolo villaggio di Staryje Doroghi dove Levi e migliaia di altre persone sostarono in un gigantesco edificio singolare in cui i tedeschi avevano distrutto tutto (era loro uso creare più disagi possibili arrivando ad asportare perfino le tubature dell'acqua, le ringhiere delle scale, i fornelli delle cucine...) ed in cui loro venivano trattati esattamente come i soldati russi, ricevendo un chilo di pane al giorno e la "kasa" (un miscuglio di lardo, fagioli, carne e spezie).
C'è l'arte di arrangiarsi che vede raggiunte vette di comica genialità: anelli di ferro lucidati per farli sembrare argentei, buchi delle camicie mascherati dalla presa delle mani, pesci gonfiati d'acqua!
C'è una sorta di malinconia e tenerezza anche, per i posti e per i salvatori: Quando la partenza fu certa, ci accorgemmo, con nostra stessa meraviglia, che quella terra sterminata, quei campi e quei boschi che avevano visto la battaglia a cui dovevamo la salvezza, quegli orizzonti intatti e primordiali, quella gente vigorosa e amante della vita, ci stavano nel cuore, erano penetrati in noi, e vi sarebbero rimasti a lungo, immagini gloriose e vive di una stagione unica della nostra esistenza".
C'è la voglia, irrefrenabile di capire e di far sapere, di condividere, domandare e commentare:
Un racconto forte ed emozionante, capace di lasciare un segno nell'anima di ogni lettore, un libro che non dovrebbe rimanere nel dimenticatoio e che ha molto da insegnare ancora oggi.
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