giovedì 5 maggio 2022

LA TREGUA - di PRIMO LEVI

Perché quando una guerra finisce, a volte, la distruzione continua. Dentro e fuori le persone (e le cose).

Ciao,

oggi vi parlo di un libro (forse) meno conosciuto di Primo Levi ma che nell'edizione Einaudi Tascabili è unito al più (tristemente) celebre Se questo è un uomo

Ma di cosa parla La tregua? Tregua da che cosa?

Innanzitutto partiamo dal termine che il dizionario Treccani definisce così:

trégua (o trègua, ant. triègua) s. f. [dal lat. mediev. treuga, di origine germanica]. – 1. Sospensione temporanea delle ostilità stabilita da due belligeranti ed estesa a tutto il teatro di guerra o a un solo settore, stipulata per raccogliere feriti, seppellire morti, prendere misure igieniche, chiedere ordini e istruzioni per agevolare trattative, ecc.: fare t. o una t. (far t. col nemicoi due eserciti hanno fatto una t.); chiedere una t.accordare, concedere una t.2. estens. Sospensione di qualsiasi ostilità, cessazione temporanea da una lotta, da rivendicazioni, anche tra fazioni o partiti politici, in campo sindacale, o tra gruppi avversarî o tra privati. 3. fig. Cessazione, pausa, sosta, riposo, riferito a condizioni e situazioni dolorose, penose, spiacevoli: Le sue permutazion non hanno triegue (Dante, della Fortuna); dolori, sofferenze che non hanno t.che non danno tregua;

Sinteticamente, La tregua di Levi "contiene il resoconto del suo lungo viaggio di ritorno su e giù per un'Europa non ancora rinsavita dalla follia collettiva".

E proprio nelle pagine finali è Levi a scrivere così: "I mesi or ora trascorsi, pur duri, di vagabondaggio ai margini della civiltà, ci apparivano adesso come una tregua, una parentesi di illimitata disponibilità, un dono provvidenziale ma irripetibile del destino". 

A fine gennaio del 1945 i russi raggiunsero l'infermeria del lager di Buna-Monowitz dove erano rimaste in ottocento persone (di circa diecimila) malate, tra cui il venticinquenne Primo Levi (tutti i sani erano stati condotti dai tedeschi nella marcia della morte da cui non si salvò nessuno). Degli ottocento malati a salvarsi furono

in pochi: cinquecento morirono prima dell'arrivo dei russi e altri duecento nei giorni immediatamente successivi!

Eh si perché pensate che quando i tedeschi "evacuarono" il campo, appiccando incendi e facendo scoppiare delle bombe, lasciarono i malati a se stessi senza acqua, cibo e riscaldamento. In una nazione in cui la temperatura scendeva facilmente anche venti gradi sotto lo zero. I primi aiuti arrivarono materialmente dai polacchi che portarono una mucca (macellata e divorata in pochissimo tempo) e che prestarono le prime cure ai malati. Poi le persone vennero trasportate nella città-lager di Auschwitz, di lì a poca distanza, dove i russi si presero cura di quegli ex prigionieri in condizioni disumane provenienti da mille mondi. In preda alla febbre e circondato da cuccette che si riempivano orribilmente di cadaveri, Primo Levi sembra cedere in ritardo alla violenza del lager trascinandosi debolmente tra un block e l'altro. Appena rimessosi, inizia il lungo viaggio che lo vedrà tornare a casa solamente un anno dopo, il 19 ottobre 1945!). Le linee ferroviarie erano devastate e soprattutto nell'esercito russo non c'era chiarezza su che cosa fare di tutte quelle persone. 

A differenza di Se questo è un uomo, che è un racconto molto razionale e quasi metodico del periodo vissuto da prigioniero di un campo di lavoro nazista, La tregua ha tutta un'altra atmosfera e sono i legami umani, quelli quasi impossibili da crearsi e descrivere nel primo libro, a farla da padrone. Un nome su tutti vi rimarrà nel cuore, quello di Cesare: il ragazzo che parlava solo romano e che sperava, anzi pretendeva, che tutti lo capissero e che riusciva sempre a cavarsela in ogni circostanza. Fantastico il capitolo Una curizetta che si può spiegare col modo di dire "chi lingua ha, a Roma va" (Cesare riesce a farsi dare una gallina da una sciura di un minuscolo paese polacco mettendo in scena tutta una serie di gesti ed imitazioni ridicole ed al limite dell'assurdo che però portano i loro frutti). Ci sono poi il greco (Mordo Nahun), Leonardo, l'infermiera Marja Fjodorovna e la sosta al campo di Katowice dove Primo Levi fece l'assistente medico.

C'è la fine della guerra, in Polonia, l'8 maggio ed i festeggiamenti sfrenati dei russi a suon di balli e di rappresentazioni teatrali.

Ci sono gli interminabili viaggi in treno tra continue soste e cambi di vagone e le tratte che invece di andare verso Sud continuano a portare i superstiti in un Nord sconosciuto. 

la mappa con segnato l'itinerario fatto da Primo Levi per tornare a casa


C'è l'esperienza di una sorta di "comune" nel minuscolo villaggio di Staryje Doroghi dove Levi e migliaia di altre persone sostarono in un gigantesco edificio singolare in cui i tedeschi avevano distrutto tutto (era loro uso creare più disagi possibili arrivando ad asportare perfino le tubature dell'acqua, le ringhiere delle scale, i fornelli delle cucine...) ed in cui loro venivano trattati esattamente come i soldati russi, ricevendo un chilo di pane al giorno e la "kasa" (un miscuglio di lardo, fagioli, carne e spezie).  

C'è l'arte di arrangiarsi che vede raggiunte vette di comica genialità: anelli di ferro lucidati per farli sembrare argentei, buchi delle camicie mascherati dalla presa delle mani, pesci gonfiati d'acqua!


C'è una sorta di malinconia e tenerezza anche, per i posti e per i salvatori: 
Quando la partenza fu certa, ci accorgemmo, con nostra stessa meraviglia, che quella terra sterminata, quei campi e quei boschi che avevano visto la battaglia a cui dovevamo la salvezza, quegli orizzonti intatti e primordiali, quella gente vigorosa e amante della vita, ci stavano nel cuore, erano penetrati in noi, e vi sarebbero rimasti a lungo, immagini gloriose e vive di una stagione unica della nostra esistenza".

C'è la voglia, irrefrenabile di capire e di far sapere, di condividere, domandare e commentare:


Un racconto forte ed emozionante, capace di lasciare un segno nell'anima di ogni lettore, un libro che non dovrebbe rimanere nel dimenticatoio e che ha molto da insegnare ancora oggi.

non siamo tutti uguali","non tutti abbiamo gli stessi diritti","alcuni hanno diritti ed altri no".... dove tutto ciò si diffonde appare un Fascismo, un Lager..........


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