Dopo aver letto la testimonianza della figlia di una madre spregevole in "Lasciami andare, madre", ecco a voi la recensione del libro scritto dal padre di uno dei serial killer più famosi della cronaca nera.
Trovato in un punto scambio bookcrossing, "Mio figlio, l'assassino" fu pubblicato nel 1994 col titolo "A Father's Story" ed è lungo centottanta pagine.
Accusato di aver "lucrato" sulle azioni del figlio, Dahmer padre specifica nella pagina delle dediche che parte del ricavato sarà devoluto alle famiglie delle vittime e sinceramente non sta a me giudicare le sue intenzioni.
Quando accadono fatti di cronaca nera l'attenzione è tutta posta sulle vittime o sui loro carnefici, si prova solidarietà e pena per i parenti delle prime ma difficilmente si spende un pensiero sui parenti dei secondi. Ed è con questo concetto che Lionel Dahmer apre il suo libro, con la constatazione di essere il padre del mostro (che a volte forse è peggio di essere il genitore della vittima). I morti si possono piangere e rispettare ma cosa fare, come comportarsi, come vivere sapendo che il proprio figlio ha commesso dei delitti atroci?
Lionel Dahmer sceglie di partire raccontando la storia della loro famiglia ed il quadro che ne esce non è dei più edificanti: lui dedito completamente a studio e lavoro, fuori casa tutto il giorno mentre la moglie rimaneva isolata in preda a dolori e malumori, imbottendosi di farmaci. Un rapporto coniugale pieno di crisi anche violente ed un bambino che nei primi anni di vita fu di salute molto cagionevole. A quattro anni il piccolo Jeffrey fu operato allo scroto ed il padre si chiede se il trauma di quell'intervento possa essere stato all'origine della sua inquietante mania di tagliare i peni alle sue vittime. Ebbene si, Jeffrey Dahmer divenne famoso non solo per la lunga lista di vittime (diciassette) ma anche per il suo particolare modus operandi: dopo aver attirato un ragazzo lo portava a casa sua dove lo drogava, strangolava,
violentava, mutilava e... mangiava!Ecco quindi che il racconto di Lionel Dahmer mi è sembrato un tentativo molto introspettivo di mettere nero su bianco la loro storia famigliare per cercare di capire se gli fosse sfuggito qualche dettaglio inquietante che gli avrebbe permesso di capire che loro figlio stava diventando un mostro. Lionel Dahmer arriva pure a confessare di aver trovato molte similitudini tra il suo comportamento e quello di suo figlio, due esseri incapaci di manifestare ed esprimere emozioni ma soprattutto, cosa più inquietante, di provarne.
Il libro pare sia stato pubblicato prima che il figlio, condannato a oltre novecento anni di carcere, venisse ucciso da un collega di lavoro schizofrenico.
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