Ennesimo libro conosciuto grazie al bookcrossing (ed è stato un felice incontro).
Pubblicato nel 1989, “Tsugumi” di Banana Yoshimoto è lungo solo centocinquanta pagine e si legge velocemente.“Tsugumi”
è il nome della co-protagonista di questa storia, una ragazzina dalla salute
fragile ed il carattere infernale capace però di farsi amare da tutti. L’altra
protagonista, e narratrice del racconto, è (Shirakawa) Maria.
Tsugumi
e Maria sono cugine e vivono insieme nella pensione dei genitori di
Tsugumi. La pensione si trova sul mare e qui la vita sembra essere
meravigliosa. Forse perché il paesaggio è bello (e tutto sa di salsedine),
forse perché Tsugumi e Maria sono giovani.
Eh
si, perché si può dire che il tema del libro della Yoshimoto sia la giovinezza
e lo scorrere del tempo (e della vita) che ce la porta via.
Dopotutto
è la stessa autrice giapponese che riassume il suo stesso libro così nel
postscriptum per l’edizione italiana: “Giornate così non capitano spesso nella
vita. Giornate di una felicità intensa, concentrata. Ed è inseguendo quel
vivido miraggio che le persone riescono a tirare avanti e a invecchiare… nella
speranza che vacanze come quelle possano ripetersi ogni anno. Tsugumi è
un romanzo che parla di questo. Di un’intensa estate di un gruppo di ragazzi
che non tornerà mai più. Del mare e del primo amore. Mettendo da parte le
crudeltà del mondo reale ho semplicemente raccontato un pallido sogno”.
Fin
dall’inizio per me Tsugumi è stato un libro malinconico. Si apre infatti
con Maria che parla di Tsugumi al passato, spiegando poi che la cugina soffriva
di una patologia invalidante che l’avrebbe portata velocemente alla morte. Tutta
la lettura di questo libro è stata quindi accompagnata dall’ansia di leggere
prima o poi della morte di Tsugumi (che poi alla fine in verità non viene
descritta). Nonostante, quindi, questa spada di Damocle appoggiata sulla
testa di Tsugumi e di noi lettori, veniamo come trasportati all’indietro
nel tempo, nella nostra giovinezza perché, anche se i luoghi sono agli antipodi,
l’età, le emozioni e i comportamenti descritti sono comuni a tutti gli
adolescenti. Mentre si legge “Tsugumi” quindi ci si sente quasi uno della
cumpa (uno della compagnia ndr) e si partecipa con divertimento o ansia alle
situazioni descritte da Banana Yoshimoto.
Verso la fine ho rallentato la lettura perché
avevo intuito dove la sua autrice sarebbe andata a parare. Non ci sarebbe potuto essere un lieto fine: prima viene rapito il cane, poi viene ucciso, un ragazzo viene seppellito vivo, Kyoichi se ne va, Tsugumi si aggrava pesantemente e Maria torna a Tokyo. Sembra che in un attimo i fili che tenevano insieme le loro vite si spezzino ad uno ad uno e che nessuno possa farci nulla perché tempo e vita scorrono senza che nessuno li possa fermare. Quindi ognuno cerca di proseguire la sua vita come può e a tutti diventa più chiaro che la forza vitale di Tsugumi non può nulla contro il destino (in senso più ampio la concreta possibilità della morte di Tsugumi significa in realtà la consapevolezza che prima o poi tutti moriranno).Questa
per me è stata la cosa più dolorosa nella lettura di “Tsugumi”, quando Maria si
spaventa per le condizioni di Tsugumi e realizza che si, davvero, l’amica-cugina
può morire e che niente e nessuno potrà farci nulla e non sarà più lo stesso. Questa
consapevolezza non era mai maturata prima in Maria, nonostante tutte le persone
vicine a Tsugumi sapessero delle sue condizioni. È lo scorrere del tempo, il
crescere e l’inevitabile allontanarsi che porta la protagonista a maggiore
consapevolezza sul bene che vuole a Tsugumi, sulla bellezza del loro strambo
rapporto e sulla fragilità dell’esistenza umana.
“Tsugumi”
mi è piaciuto perché tratta di un momento della vita penso capitato a
tutti, quando si è ancora ragazzini ma si è in qualche modo dibattuti tra il
desiderio di diventare finalmente grandi e la malinconia di sapere che niente
sarà più bello, entusiasmante e spensierato come prima.
Qui tutte le recensioni dei libri che ho letto: LIBRI RECENSITI IN ORDINE ALFABETICO
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