Riassumerei così il giudizio di questo libro del 1999 di Stephen King che si trascina perso come la sua protagonista nel bosco.
"La bambina che amava Tom Gordon" è Trisha, una bimba di nove anni che va in gita sull'Appalachian trail. Mentre sua madre e suo fratello litigano per l'ennesima volta, Trisha si defila per fare la pipì e si accorge di essersi allontanata dal sentiero principale ritrovandosi persa nel bosco sconosciuto. All'inizio la bimba cerca di rimanere calma: ha provviste, energie e soprattutto il walkman con cui sentire la radiocronaca della partita dei Red Sox in cui gioca il suo idolo: Tom Gordon. Quando però cala l'oscurità è tutta un'altra storia: sola, stanca ed affamata Trisha inizia ad avere paura, soprattutto perché si sente osservata da qualcosa di strano che pare aver ucciso un cervo a lasciato inquietanti segni sugli alberi...
Per sapere come finisce (spoiler) scorrete qui sotto!
"La bambina che amava Tom Gordon" che tra parentesi è un giocatore di baseball veramente esistito, è un libro che ho scoperto grazie al bookcrossing. E che ha ripreso il suo viaggio per il mondo con questo codice:
Come dicevo nella frase di apertura, secondo me Stephen King ha fatto di meglio. Finora il libro che preferisco di King è 22/11/63: lungo ed in alcuni punti incasinato ma davvero piacevole da leggere (invece la serie tv che ne hanno tratto non è stata per me altrettanto bella).
Ma torniamo a "La bambina che amava Tom Gordon": non c'è nessun
colpo di scena e il finale è solo abbozzato. Trisha si salva, dopo aver:- macinato chilometri
- mangiato bacche e pesce crudo (catturato da sé)
- vomitato l'anima
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