Fern è una donna vedova senza casa e senza lavoro che gira gli Stati Uniti su un van in cerca di un'occupazione con cui mantenersi. La ricerca è faticosa ed avvilente: lavori faticosi, umili e di breve durata che non le garantiscono alcuna stabilità. Lungo il viaggio incontra numerose persone che vivono come lei e che riescono, spesso inaspettatamente, ad essere generose e sorridenti. Quando le si rompe il furgone, l'aiuto della sorella è provvidenziale ma nonostante la proposta di vivere insieme sia allettante ormai la vita da nomade, con le sue durezze e particolarità, l'ha conquistata e … si rimette in viaggio.
Più che un film un documentario.
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A me "Nomadland" non è piaciuto perché l'ho trovato lento e "silenzioso"; questo film di Chloe Zhao (che ha vinto l'Oscar anche lei, come la protagonista del film Frances McDormand) mostra una realtà triste oltre che tragica: quella dei nomadi non per scelta ma per cause di forza maggiore. Nei troppo spesso ammirati Stati Uniti D'America, quella di Fern non è una situazione rara: persone che
hanno perso il lavoro e che si ritrovano senza nulla, costrette ad arrabattarsi con lavori degradanti di breve durata per raggiungere una pensione che è sempre di più un miraggio. Il fatto è che in "Nomadland" ho visto poca felicità, anzi! ho visto persone fragili fisicamente ed emotivamente, costrette a fare i conti con una vita difficile nell'indifferenza dei più.Inoltre secondo me una pecca di questo film è che non spiega bene come Fern sia arrivata a trovarsi in quelle condizioni: non spiega da quanto era sposata col marito ne da quanto fosse morto; non spiega che lavoro faceva; non spiega perché ha perso la casa. Tutto viene solo intuito (tipo quando ritorna nella casa-container in cui viveva nei pressi della miniera in cui lavoravano. Chiusa la miniera… la cittadina è morta, scena inquietante modello perlustrazione di Chernobyl!).
Il viaggio di Fern non sembra volto a mettere radici anzi sembra un viaggio ripetitivo e circolare: a fine anno da Amazon, un mese a raccogliere barbabietole in Idaho, in estate al campeggio campeggio, tre settimane al fast food, rischiando di congelare nei mesi freddi o di essere derubata in qualche parcheggio non custodito, cagando di fianco al letto, cucinando cibi in scatola su un fornelletto da campeggio, guidando su strade infinite che purtroppo non sembrano portare mai a nulla di bello. Il tutto in libertà si, ma anche in una solitudine così profonda da togliere il fiato.
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