martedì 28 aprile 2020

Class action contro il Governo per i danni da Lockdown

articolo pubblicato sul sito: https://www.dagospia.com

DITE A CONTE CHE SI PREPARA UNA CLASS ACTION CONTRO IL GOVERNO PER I DANNI DA LOCKDOWN - VISTO CHE LUI E LE SUE TASK FORCE STANNO PRENDENDO DECISIONI STORICHE SULLA LIBERTÀ DI MOVIMENTO, DI IMPRESA, DI ASSOCIAZIONE, A BOTTE DI DPCM (DUNQUE IN MODO INCOSTITUZIONALE), CHI È OBBLIGATO A STARE FERMO UN ALTRO MESE NONOSTANTE LE POCHE DECINE DI CASI DALLA LIGURIA IN GIÙ È PRONTO AD ANDARE IN TRIBUNALE



Gianluca Borrelli per www.termometropolitico.it

Ma chi comanda in Italia, in questo momento?
Poco dopo il messaggio del Presidente del Consiglio, il ministro delle pari opportunità, Elena Bonetti, ha scritto su Twitter: “In sicurezza si potrà visitare un museo ma non si può celebrare una funzione religiosa? Questa decisione è incomprensibile. Va cambiata”.

Chi comanda in Italia? Il ruolo di Conte e dei ministri in caricagiuseppe conte conferenza stampa Conte e le sue task force, composte da persone che non sono state elette da nessuno, ed in molti casi assolutamente sconosciute alla popolazione, prendono decisioni irrevocabili e non discutibili e non discusse né in Parlamento né in consiglio dei ministri. È legittimo e normale che un politico faccia affidamento su dei collaboratori, ma si possono prendere decisioni così importanti senza prima discuterle almeno in consiglio dei ministri? E se decidono quasi tutto le task force a cosa servono i ministri?

Il secondo punto è forse ancora più inquietante: se il Presidente del consiglio ha in mano uno strumento tale, con cui può in teoria prendere qualsiasi decisione senza che nessuno gli dica nulla, chi garantisce che non ci sia un abuso? Non solo adesso ma in qualsiasi momento del futuro.

Secondo l’Avv. Andrea Caristi, esperto di diritti della persona, in realtà il DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) dovrebbe essere solo un atto amministrativo, che quindi non può limitare la libertà delle persone o
entrare in aperto conflitto con le libertà costituzionali.

È come se, in nome di una emergenza nazionale, si usassero i regolamenti per le violazioni dei divieti di sosta per arrestare qualcuno. Va bene che il fine giustifica i mezzi, ma fino a un certo punto, e soprattutto per un tempo molto molto limitato, altrimenti si scade facilmente nell’abuso. Sarebbe politicamente opportuno cominciare quanto prima ad emanare decreti legge, che poi vengano sottoposti al voto del Parlamento come da prassi.

DPCM: chiarimenti normativi
Per capirsi: i DPCM sono norme di rango secondario, sono norme regolamentari quindi atti amministrativi. Siccome le libertà concretamente compresse con le misure adottate dal Governo sono tutte di rango costituzionale, è necessario anche il controllo dell’autorità giudiziaria (TAR, Corte Costituzionale ecc). Questo vale sia per la libertà personale, che addirittura gode di doppia riserva di legge costituzionale, che per la libertà di impresa.

Questo sia per norme di rango costituzionale che per la CEDU cioè la Convenzione Europea dei Diritti Umani. Vero è ad esempio che l’articolo 16 della Costituzione prevede limitazioni alla libertà di circolazione per ragioni di tipo sanitario però sempre stabilite dalla legge. Legge che al momento non è stata ancora emanata. Si procede da parecchie settimane per decreto del presidente del consiglio, cosa mai avvenuta in passato.

Questo è grave comunque lo si voglia vedere, da un punto di vista normativo: si è adottato un primo decreto legge del 23 febbraio e poi un secondo del 25 marzo col quale poi si demandava al DPCM per individuare in concreto le limitazioni da applicare. Questo decreto legge può essere individuato come una sorta di norma in bianco in quanto la norma che concretamente pone il precetto è il DPCM.

DPCM che peraltro è sottratto al vaglio diretto di costituzionalità della Corte Costituzionale che può valutare solo le leggi e gli atti aventi forza di legge.

Ciò non toglie però che essa resta sempre norma di rango secondario e che quindi eventualmente, in sede giurisdizionale, debba recedere rispetto alla legge e ancor di più alla Costituzione. È chiaro che sarebbe necessario che qualcuno sollevasse la questione in sede in sede giurisdizionale. Magari appunto ricorrendo per vie legali e lamentando l’impossibilità di proseguire la propria attività lavorativa. Sono moltissime le attività che saranno penalizzate a tempo indeterminato (in qualche caso anche con logiche discutibili), chi tutelerà tutte queste persone?

La chiusura a tempo indeterminato di attività economiche confligge con la libertà di impresa e può essere disposta solo a fronte di un indennità, di un ristoro. Non si può inibire ad una persona a tempo indeterminato di mantenersi in vita e pensare di uscirsene con un prestito (che pochissimi riusciranno comunque a ripagare) o con un bonus di 600 euro. Bonus che molti non hanno ancora ricevuto e che forse non riceveranno in nessun caso.

Chi comanda in Italia? Verso una class action?
Tornando alla questione su “chi comanda in Italia?” è possibile anche rilevare che su questi punti la reazione dell’opposizione appare balbettante. Sarebbero necessarie forti prese di posizione nelle sedi istituzionali, non su Facebook. Più probabilmente sarà forse il caso che le categorie di piccoli imprenditori, artigiani, partite IVA, facciano una class-action per avere il reale indennizzo che gli spetta e che la Costituzione garantisce.

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