articolo pubblicato sul sito: https://www.dagospia.com
DITE A CONTE CHE SI PREPARA UNA CLASS ACTION CONTRO IL GOVERNO PER I DANNI DA LOCKDOWN - VISTO CHE LUI E LE SUE TASK FORCE STANNO PRENDENDO DECISIONI STORICHE SULLA LIBERTÀ DI MOVIMENTO, DI IMPRESA, DI ASSOCIAZIONE, A BOTTE DI DPCM (DUNQUE IN MODO INCOSTITUZIONALE), CHI È OBBLIGATO A STARE FERMO UN ALTRO MESE NONOSTANTE LE POCHE DECINE DI CASI DALLA LIGURIA IN GIÙ È PRONTO AD ANDARE IN TRIBUNALE
Gianluca Borrelli per www.termometropolitico.it
Ma chi comanda in Italia, in questo momento?
Poco
dopo il messaggio del Presidente del Consiglio, il ministro delle pari
opportunità, Elena Bonetti, ha scritto su Twitter: “In sicurezza si
potrà visitare un museo ma non si può celebrare una funzione religiosa?
Questa decisione è incomprensibile. Va cambiata”.
Chi comanda in Italia? Il ruolo di Conte e dei ministri in carica Conte
e le sue task force, composte da persone che non sono state elette da
nessuno, ed in molti casi assolutamente sconosciute alla popolazione,
prendono decisioni irrevocabili e non discutibili e non discusse né in
Parlamento né in consiglio dei ministri. È legittimo e normale che un
politico faccia affidamento su dei collaboratori, ma si possono prendere
decisioni così importanti senza prima discuterle almeno in consiglio
dei ministri? E se decidono quasi tutto le task force a cosa servono i
ministri?
Il
secondo punto è forse ancora più inquietante: se il Presidente del
consiglio ha in mano uno strumento tale, con cui può in teoria prendere
qualsiasi decisione senza che nessuno gli dica nulla, chi garantisce che
non ci sia un abuso? Non solo adesso ma in qualsiasi momento del
futuro.
Secondo
l’Avv. Andrea Caristi, esperto di diritti della persona, in realtà il
DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) dovrebbe essere
solo un atto amministrativo, che quindi non può limitare la libertà
delle persone o
entrare in aperto conflitto con le libertà
costituzionali.
È
come se, in nome di una emergenza nazionale, si usassero i regolamenti
per le violazioni dei divieti di sosta per arrestare qualcuno. Va bene
che il fine giustifica i mezzi, ma fino a un certo punto, e soprattutto
per un tempo molto molto limitato, altrimenti si scade facilmente
nell’abuso. Sarebbe politicamente opportuno cominciare quanto prima ad
emanare decreti legge, che poi vengano sottoposti al voto del Parlamento
come da prassi.
DPCM: chiarimenti normativi
Per
capirsi: i DPCM sono norme di rango secondario, sono norme
regolamentari quindi atti amministrativi. Siccome le libertà
concretamente compresse con le misure adottate dal Governo sono tutte di
rango costituzionale, è necessario anche il controllo dell’autorità
giudiziaria (TAR, Corte Costituzionale ecc). Questo vale sia per la
libertà personale, che addirittura gode di doppia riserva di legge
costituzionale, che per la libertà di impresa.
Questo
sia per norme di rango costituzionale che per la CEDU cioè la
Convenzione Europea dei Diritti Umani. Vero è ad esempio che l’articolo
16 della Costituzione prevede limitazioni alla libertà di circolazione
per ragioni di tipo sanitario però sempre stabilite dalla legge. Legge
che al momento non è stata ancora emanata. Si procede da parecchie
settimane per decreto del presidente del consiglio, cosa mai avvenuta in
passato.
Questo
è grave comunque lo si voglia vedere, da un punto di vista normativo:
si è adottato un primo decreto legge del 23 febbraio e poi un secondo
del 25 marzo col quale poi si demandava al DPCM per individuare in
concreto le limitazioni da applicare. Questo decreto legge può essere
individuato come una sorta di norma in bianco in quanto la norma che
concretamente pone il precetto è il DPCM.
DPCM
che peraltro è sottratto al vaglio diretto di costituzionalità della
Corte Costituzionale che può valutare solo le leggi e gli atti aventi
forza di legge.
Ciò
non toglie però che essa resta sempre norma di rango secondario e che
quindi eventualmente, in sede giurisdizionale, debba recedere rispetto
alla legge e ancor di più alla Costituzione. È chiaro che sarebbe
necessario che qualcuno sollevasse la questione in sede in sede
giurisdizionale. Magari appunto ricorrendo per vie legali e lamentando
l’impossibilità di proseguire la propria attività lavorativa. Sono
moltissime le attività che saranno penalizzate a tempo indeterminato (in
qualche caso anche con logiche discutibili), chi tutelerà tutte queste
persone?
La
chiusura a tempo indeterminato di attività economiche confligge con la
libertà di impresa e può essere disposta solo a fronte di un indennità,
di un ristoro. Non si può inibire ad una persona a tempo indeterminato
di mantenersi in vita e pensare di uscirsene con un prestito (che
pochissimi riusciranno comunque a ripagare) o con un bonus di 600 euro.
Bonus che molti non hanno ancora ricevuto e che forse non riceveranno in
nessun caso.
Chi comanda in Italia? Verso una class action?
Tornando
alla questione su “chi comanda in Italia?” è possibile anche rilevare
che su questi punti la reazione dell’opposizione appare balbettante.
Sarebbero necessarie forti prese di posizione nelle sedi istituzionali,
non su Facebook. Più probabilmente sarà forse il caso che le categorie
di piccoli imprenditori, artigiani, partite IVA, facciano una
class-action per avere il reale indennizzo che gli spetta e che la
Costituzione garantisce.
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