In cina all'epoca del vero Khan esistevano monaci e stregoni che avevano poteri magici e l'abilità di parlare con gli animali. Nel palazzo reale esistevano due titi di cane: i pechinesi per la compagnia e i chow chow per la guarda. Ogni anno il Khan si faceva fare un ritratto ed ogni anno sceglieva quale cane meritasse l'onore di venire raffigurato alla sua destra. Così pechinesi e chow chow erano sempre in battaglia. Un giorno il re del Siam regalo al Khan
due siamesi (che al suo paese venivano utilizzati coem animali da guardia!). Il Khan però aveva già i pechinesi per la compagnia e i chow chow per la guardia così non sapeva cosa farsene dei due gatti quando un giorno il capo dei cani gli riferì che aveva rincorso dei ladri e recuperato gli oggetti rubati in un bosco. Il cane aveva tutto il pelo rovinato a causa dell'inseguimento ed il Khan pensò che i gatti avrebbero potuto finalmente avere un ruolo: mantenere in ordine il mantello del cane! I siamesi però considerarono la proposta come un insulto, loro appartenenti alla famiglia reali trattati come schiavi. Di un cane poi! Il Khan però trovò il modo di rabbonire i felini, dicendo loro che non sarebbero stati cani ma assistenti del capo del cane della guardia reale. I siamesi chiesero però al Khan di mettere tutto per iscritto in modo ufficiale e si fecero mettere una copia firmata in un ciondolo del loro collare. Il giorno dopo i gatti iniziarono il compito di toelettare il cane ma dopo un'ora e mezza gli avevano sistemato solo il muso. Il cane li sgridò risentito e li ammonì che per il giorno dopo, il giorno del ritratto, avrebbe dovuto essere perfetto. I gatti si scusarono dicendogli che avevano fatto piano per non svegliarlo ma il cane non era convinto e gli disse di muoversi poi si ubriacò e li lasciò al loro lavoro. In due ore i gatti avevano svolto il compito ma, essendo gatti, iniziarono a trovare piacere nell'affondare i loro artigli in quel pelo morbido e districato. A furia di "fare la pasta" fecero diventare il pelo del cane come quello di un peluche e la coda crespa e arricciata e quando questo si presentò al Khan... tutti gli risero in faccia. Nessuno lo trovava più imponente e il Khan non solo non se lo mise alla destra ma lo escluse proprio dal dipinto! Il cane umiliato raggiunse i gatti, strappò loro il foglio del Khan e se lo mangiò, sporcandosì la lingua con l'inchiostro che la fece diventare blu/viola. Non contento poi il cane li inseguì gridando il suo odio per loro ma... essendo l'ottava l'una il suo aspetto, e quello di tutti gli altri chow chow, rimase così per sempre, tramandandosi di generazione in generazione. Insieme all'odio per i gatti dispettosi...
Questo racconto è contenuto nel libro "E Dio aveva un cane" di Stanley Coren
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