Può un obiettore di coscienza arruolarsi volontario nell'esercito per servire il suo Paese in guerra?
Si, ed è la storia vera di Desmon Doss un uomo partito volontario con una sola particolare richiesta per l'esercito: non toccare mai un'arma. Osteggiato da superiori e compagni, incarcerato e processato, riuscirà a vincere la sua personale guerra per servire come
medico sul campo di battaglia di Okinawa riuscendo a portare in salvo ben 75 soldati senza mai fare uso delle armi.
Il film diretto da Mel Gibson dura oltre due ore.
Come tutti i film ambientati nel periodo di guerra, sono molte le scene di violenza, dolore e morte con persone che saltano in aria o vengono trapassate da proiettili e baionette. La storia parte dall'infanzia del protagonista, figlia di un ex militare alcolizzato che picchiava lui, suo fratello e sua madre. Anche se il regista fa quasi risalire la sua intransigente idea di non violenza ad un episodio della sua infanzia in cui aveva fatto male al fratello. Una volta adulto Desmond si innamora di un infermiera con cui progetta di sposarsi ma prima... si arruola ed in caserma si trova ad essere sbeffeggiato e picchiato per la sua fede. Il ragazzo non molla anche quando il suo orgoglio lo porta ad un passo da una lunga reclusione per essersi rifiutato di eseguire un ordine di un suo superiore. Riesce però a fare parte del battaglione incaricato di affrontare una delle battaglie più sanguinose accadute durante la seconda guerra mondiale, quella di Hacksaw Ridge o Okinawa. E mentre i suoi commilitoni avanzano strisciando muniti di armi di ogni genere lui ha solo il suo elmetto (e la Bibbia) a proteggerlo. E quando i suoi saranno costretti ad una dolorosa ritirata sarà l'unico a rimanere sul campo rivestito di morti per vedere di riuscire a salvare i superstiti feriti. Qui il racconto diventa quasi mitologia: un uomo solo sopra un monte, senza armi se non la sua fede, che si fa strada strisciando tra una nebbia chimica e tasta i corpi in cerca di sopravvissuti. Sopravvissuti che si carica in spalla, uno dopo l'altro, e che cala giù in modo innovativo ma doloroso e dispendioso. Ed ogni volta che cala un ferito corre a cercare di salvarne un altro fino a quando i nemici giapponesi non lo avvistano e costringono, ferito a sua volta, ad una fuga precipitosa. La scena finale in cui viene calato con un verricello che lo vede sospeso nel cielo è secondo me esageratamente mistica.
Alla fine del film scorrono le immagini vere di Desmond Doss, della sua premiazione con le medaglie al valore, con sua moglie ed anche delle brevi interviste a lui ed al suo sergente.
Ammetto però di aver pensato che Gibson abbia calcato troppo la mano nel tratteggiare l'impresa di Doss che in alcuni momenti è sembrato più un fanatico desideroso di morire che non un martire votato alla salvezza dei compagni.
Nessuno di noi, fortunatamente, è stato su quella montagna o in guerra però sono sicura che tutti, come alla fine i suoi compagni, vorrebbero aver avuto accanto una persona come lui.
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