Mai
come durante questa Olimpiade ho sentito atleti confessare i loro più intimi sentimenti. Non solo per infortuni o sconfitte ma anche dopo vittorie così faticose da essere stati svuotati.
E
può sembrare paradossale, per qualcuno che non ha mai fatto sport, leggere le
interviste di questi atleti famosi che dichiarano di
essere perfino arrivati ad
odiare il loro sport.
Sarà
che sono cresciuta (altro temine per dire invecchiata) e capisco maggiormente i
loro sforzi, le loro rinunce, i loro dolori.
Uno
spettatore vede solo lo show ed il risultato. Guarda un match con coca e
patatine in mano ed è poco diverso da uno spettatore di duemila anni fa al
Colosseo: vuole rimanere impressionato, vuole che nell'arena si vedano cose
eccezionali ma che soprattutto si sputi sangue.
Gli
atleti di oggi vengono visti come privilegiati che vivono giocando mentre le
persone comuni sgobbano in ufficio (neanche tutti lavorassero invece in
miniera).
Quando
qualche atleta toppa una competizione si sente dire di tutto, ma le critiche
peggiori arrivano da quelli che come unica motivazione alle loro offese
rispondono così: si ma quanto guadagnano? Un atleta di livello mondiale arriva ad allenarsi anche 10 ore al giorno. E’
quasi perennemente a dieta. Si alza presto e va a letto presto. Rinuncia al
beach volley con gli amici, allo sci a capodanno. Un atleta di livello fa sport
per lavoro ed è qui che la gente non capisce la fatica. Prendono bei soldi certo
ma sono quasi sempre alle prese con dolori fisici, lontani dalle
famiglie e gli amici forse li vedono via Skype.
Da
un atleta si pretende sempre la perfezione, solo per il fatto che… non ha un
lavoro come tutti gli altri. Eppure sono sicura che uno qualsiasi di tutti gli
haters che ci sono in giro, messo un giorno in piscina ad allenarsi come la
Pellegrini, scapperebbe a gambe levate dopo mezza giornata.
Mi
ha fatto tenerezza la Cagnotto che ha dichiarato di essersi sentita scarnificata
dalla preparazione per questa olimpiade. Una ragazza famosa, che ha vinto
tantissimo, che è un modello di educazione e sport pulito che ha espresso un disagio
che pochi hanno il coraggio di mostrare.
E cosa dire delle parole di Niccolò Campriani dopo l'oro?!
Qualche
anno fa aveva fatto scalpore il libro di Agassi in cui il famoso tennista
dichiarava di aver odiato il suo sport. Tutti almeno una volta si sono chiesti:
ma come è possibile? Lui così bello, così
famoso, così vincente? Poi leggi e scopri che il padre al posto di
regalargli una macchinina telecomandata gli aveva creato una macchina – mostro sparapalloni
che gli metteva davanti per infinite ore al giorno. C’è un’immagine che a
ripensarci mi inquieta ancora: lui nel campo opposto alla macchina, circondato
da centinaia di palline che doveva continuare a cercare di ribattere (e nello
stesso tempo doveva stare attento a non farsi male con tutte le altre da cui era circondato).
Lo
sport che diventa incubo.
Pochi
giorni fa Federica Pellegrini è arrivata 4° nella sua gara: i 200 mt stile libero. Si sono
aperte, come sempre quando c’è di mezzo lei, centinaia di polemiche. La
Pellegrini paga il fato che è una donna. Forte. E poco solare. A me è sempre
sembrata sulle sue: mai una risata spontanea, rilassata, sempre super
controllata e critica. Ma l’ho sempre trovata fortissima. Un’atleta come lei
non si può discutere. Eppure? Eppure la Pellegrini sembra davvero poco amata,
la gente è sempre pronta a “spararle” addosso. Finita la gara, la logica e
cocente delusione: smetto qui. Il giornodopo dice: il nuoto però rimane la mia
vita. Contraddittoria? No: umana. È logica la delusione olimpica. A 28
anni, è difficile che potrà tornare a vincere a questi livelli ma soprattutto che
potrà avere la voglia di affrontare altri 4 anni di allenamenti di questo
livello. Lo sa anche lei. Ma sa anche che il nuoto, nonostante quello che può
apparire dalle interviste e dalle pubblicità, è la sua vita.
Anche
se dall'estero, l’ho vista sventolare la nostra bandiera e sembrava così felice
e devo ammettere che sono stata davvero orgogliosa di aver avuto una
portabandiera così. Me la ricordo ragazzina sul podio ad Atene 2004, più di
dieci anni fa. L’ho vista crescere in tv e non posso avere la presunzione di
conoscerla ma da sportiva posso immaginare quanto le è costato ogni suo
successo. Non so se è pronta per smettere, non credo che nessuno atleta lo sia
mai nel suo cuore. Le auguro solo di riuscire a tornare in piscina come la
prima volta che l’ha fatto: con solo la gioia, l’amore ed il divertimento per
il suo sport.
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