la Titti, la Silvia, la Vale ed io |
La vita è più divertente se si gioca by Roald Dahl
abato ho rivisto la mia alzatrice del cuore, quella con cui ho iniziato a giocare a 13 anni, quella che appena poteva mi alzava la palla, quella con cui ci scambiavamo i nomi di Mila&Shiro, quella per cui non vedevo l’ora
arrivasse il momento dell’allenamento, quella con cui arrivavo in palestra già cambiata ma con cui stavo nello spogliatoio fino all'ultimo secondo. Ci siamo ritrovate ad una partita, sono passati anni ormai dal tempo in cui ci vedevamo quasi tutti i giorni ed andare in palestra era la cosa più bella della giornata eppure qualcosa ci lega ancora, quel bene che si è creato quando si è ragazzini, qualcosa di speciale. Per me lei sarà sempre la mia alzatrice ma soprattutto una mia Amica. Abbiamo riso pensando che forse in quel campo avremmo potuto giocare anche noi ma non ci siamo fatte prendere dalla malinconia ed eravamo d’accordo che l’entusiasmo dei più giovani è qualcosa di unico.
Dopo gli anni d’oro, che per me sono stati dai 13 ai 16, la pallavolo per me si è colorata di tutto tranne che di entusiasmo e gioia. E mi fa strano dirlo, mi sento un po’ Andrè Agassi (il perché potete leggerlo qui). Quando ho iniziato a giocare a pallavolo ho vissuto davvero cosa significhi fare sport di squadra: eravamo un gruppo di persone entusiaste del proprio sport e molto legate le une alle altre. C’erano anche i litigi e le antipatie, certo, ma la maggior parte del gruppo aveva davvero la stessa passione. Dite che forse gli anni hanno abbellito i ricordi? Chi può dirlo con certezza?
Sta di fatto che ieri, dopo anni, sono tornata in palestra con l’entusiasmo di quegli anni. E lo devo a… due ragazzine, appunto. Valeria e Silvia, due ventunenni che quasi sanno ancora di latte e che ho conosciuto circa 7 anni fa. Erano delle “bambine” che saltellavano per il campo prendendo pallate senza mai lamentarsi e che, ieri come oggi, si divertivano a giocare e… si volevano bene. Se ne vogliono ancora e (credo) ne vogliono anche a me. Saputo del mio giorno libero hanno buttato lì un vago (ma insistente): venite ad allenarvi con noi? Per me e la Titti è stato un attimo. Perché fatica, dolori e stanchezza sono stati spazzati via dal loro entusiasmo. Mi è sembrato come un pomeriggio di tanti anni fa quando quella mia amica mi chiamava a casa per sapere a che ora sarei arrivata e io tutta felice dicevo solito posto solita ora (con già le ginocchiere addosso); e come quel giorno colpire una palla al volo mi ha fatto stare bene, mi sono semplicemente divertita a giocare. Come dovrebbe essere.
La mia schiena ora mi grida: ma tu sì pazz! Però ne è valsa la pena perché persone così sono rare e sono felice che età, città e squadre non ci abbiano fatto perdere di vista.
La giovinezza è felice perché ha la capacità di vedere la bellezza. Chiunque sia in grado di mantenere la capacità di vedere la bellezza non diventerà mai vecchio.
(Franz Kafka)
(Franz Kafka)
Bellissimo articolo che mi ha anche fatto scendere la lacrimuccia!
RispondiEliminaQuest'anno ci sono state occasioni (come quella di ieri sera con la Vale e la Silvia ma anche quella di qualche settimana fa con la Marti) nelle quali ho rivissuto quello che mi ha fatto giocare per oltre 30 anni (con tutti i sacrifici e sbattimenti annessi) e che ad oggi alla soglia dei 40 anni mi fa entrare in palestra ancora con il sorriso sulle labbra e la voglia di correre dietro a quella palla. Giocare nelle categorie alte è sicuramente bello..giocare contro gente forte è stupendo..ma spesso ho notato che si perde proprio il gusto di giocare...si perdono i sorrisi..si perde quel puro agonismo che ho ritrovato in queste due palestre.
Ieri alla fine dell'allenamento sono andata da Carlo e gli ho detto "dai magari ci rivediamo" .. perché alla fine io mi sono divertita un sacco e di divertirsi non ci si stanca mai.
#nonappendoleginocchierealchiod
Possiamo tranquillamente sostituire il "dai magari" col "quando".
RispondiEliminaE' sempre un piacere avere amici in palestra.
L'entusiasmo è contagioso, l'agonismo allegro anche.
A me fa venire voglia di essere un "allenatore" migliore.