Ogni giorno prendo la metropolitana di Milano due volte per fare il tragitto casa - lavoro.
Quando non ho un libro tra le mani mi perdo a guardare le affascinanti facce che condividono con me un viaggio.
Ogni viso ha una storia e...mi piacerebbe conoscerle tutte! Anche se la maggior parte dei miei "compagni" di viaggio...sembra essere
triste.
Proprio qualche giorno fa ero seduta e quando ho alzato lo sguardo ho visto solo visi seri, occhi gonfi, facce accaldate. Non c'era nessuno che sorrideva e mi ha fatto uno strano effetto. Mi sembrava che nessuno avesse voglia di andare dove doveva andare e mi sono chiesta: ma chi ce lo fa fare?!
E' così difficile essere felici o almeno sembrarlo?
Turisti e studenti si riconoscono subito: o perché sono vestiti in modo (bonariamente) inguardabile o perché sembrano spensierati.
Ma la maggior parte dei pendolari della metro di Milano è triste. Pochi si rivolgono la parola, quasi tutti gli occhi sono impegnati a scorrere immagini su uno schermo o pagine tra le dita. Quei pochi che non hanno distrazioni tecnologiche vagano con gli sguardi persi in un orizzonte che fa loro aggrottare la fronte.
Allora sapete cosa faccio?
Fantastico su di loro e mi chiedo da dove vengono e dove stiano andando. Ma non semplicemente che spola di fermata metropolitana fanno, no. Guardo i loro lineamenti e mi chiedo chi fossero prima di venire qui, se sono di Milano, se stanno effettivamente andando a lavoro, se quel lavoro gli da soddisfazione, se una volta tornati a casa hanno qualcuno che li ascolta o li faccia ridere, se un anziano che mi trema davanti ad ogni scossone ha un figlio che passi a trovarlo, se la bambina che si morde le unghie ha un'amica sincera, se il peruviano che mi sbuffa di fianco ha qui la famiglia o rimpiange il suo grande viaggio.
Mi faccio mille storie, penso alla quantità di vissuto che è racchiuso in un vagone e penso (con una certa malinconia )che troppe persone non vivono ma vengono sospinte dalla routine, vittime di un lavoro sottopagato che non amano, vittime di colleghi insensibili e di tasse infinite, che arrivano a casa stanchi perfino per giocare con il proprio cane e che vivono tutto, anche questo enorme caldo, come un peso.
Eppure...ogni giorno le ritrovo al mio fianco puntuali, abitudinari di fronte alla stessa porta del metrò che sembrano fissare un orizzonte in cui le cose belle si stanno allontanando sempre di più.
Allora se becco qualcuno propenso che incrocia il mio sguardo sorrido. Qualcuno secondo me pensa io sia una stalker, qualcun altro contraccambia e qualcuno ancora inizia a parlare. Allora le fermate scorrono veloci come mai, il tempo non ha più una dimensione e creando un contatto si esce da una bolla di grigiore. E anche se dura solo poche fermate è bellissimo e meno triste.
Quanto mi piace questo post, Michy!
RispondiEliminaMi sa che faccio parte della massa di facce scure,tristi e depresse :-D
Anch'io a volte fantastico sui miei compagni di vagone e noto sempre che la maggior parte di essi appare insoddisfatta e come rassegnata ad una vita di meri doveri ed oneri. E la domanda che ti poni "Ma chi ce lo fa fare"?! credo se la pongano un po' tutti, io di sicuro e al meno una volta al giorno!
A volte vorrei essere capace, come te, di attaccare bottone con qualcuno e avere un minimo contatto umano, ma per una questione caratteriale proprio non mi riesce:-( Sarebbe bello se le persone, in qualsiasi contesto -che sia nella sala attesa del medico, o quando si è in coda al supermercato ecc..- fossero capaci di aprirsi di più verso l'altro e condividere un breve istante di vita con un estraneo, io per prima!
Ciao Vale,
RispondiEliminacerto non è facile "attaccare bottone" con tutti ma le volte che ci si riesce, spesso, è divertente. A me capita spesso con gli anziani che hanno molte meno menate in testa dei giovani e più voglia di condividere. E questo non è necessariamente legato alla solitudine.
Rimane il fatto che tanti (troppi) di noi si trovano confinati in una routine che non amano e da cui non riescono (o non possono) uscire. Questo si davvero triste!