Alla fine è arrivato il giorno dell’addio.
In verità però tutto era stato deciso quasi
due anni fa.
Il condominio dove mia madre ha lavorato (e
vissuto) per 26 anni ha deciso che non aveva più bisogno di lei e durante una
riunione condominiale ha vinto la maggioranza che ha deciso di
togliere la
portineria.
Per tutti noi è stato uno shock, figuriamoci per mia madre che in quegli angusti locali aveva
creato il suo regno, tirato avanti la famiglia e cresciuto due figli. Penso a
lei con tenerezza. Alla donna che varcò bisognosa la porta di quel palazzo,
nascondendo di avere due figli per paura di non essere assunta! Mi viene
difficile immaginare che aveva poco più della mia età quando dovette
trasferirsi da Quinto Romano alla parte opposta della città per acciuffare un
lavoro che le avrebbe dato un tetto ed uno stipendio.
Io avevo quasi sei anni e stava per cadere il
muro di Berlino. In quel lontano 1989 morì suo papà, mio nonno Nino. E io
rimanevo interi pomeriggi in camera per non fare casino.
All’inizio fu come un bel gioco. La mia camera
era un soppalco che si poteva raggiungere solo salendo una scala messa in
verticale contro il muro. L’avventuriera che era in me amava arrampicarsi come
una scimmia e passare le ore a giocare con i suoi amici lontana dagli occhi dei
genitori. Il soppalco era come un “giardino” segreto dove gli adulti non
venivano quasi mai, era alto solo un metro e 40 e ci stavano giusto due letti
ed una libreria. Crescendo perse la sua magia man mano che pulirlo e rifare i
letti divenne una tortura che mi obbligava a stare tremendamente piegata!
Avendo un fratello che lavorava come security nelle discoteche, quel luogo
divenne il mio regno dove guardavo la tv fino a tardi o mangiavo i dolci sul
letto. Certo aveva i suoi contro! Quando stavo male dovevo catapultarmi giù
dalle scale facendo attenzione a non cadere o a non vomitare sugli armadi. Cosa
che capitava spesso, ahahah. Però ripensandoci ridevamo così spesso! Quando
vivevamo ancora tutti insieme c’era il rito
della buonanotte. Iniziava mia madre da giù a dire “ciao amori”, poi la
seguiva mio padre e in coro io e mio fratello. Lui però qualche volta
aggiungeva anche qualche scoreggia che si! faceva un sacco ridere ma nell’angusto
soppalco si moriva di odore! E ridevamo! Ridevamo come una bella famiglia
allegra nonostante fossimo stipati in quattro in neanche 40 mq.
Crescendo quella casa è diventata un peso. Studiare era impossibile: c’era
sempre gente che passava per casa, un telefono che squillava, la televisione che
ronzava. E io non potevo chiudere nessuna porta per isolarmi! Mi sdraiavo sul
letto dei miei e cercavo di concentrarmi, spesso facendo una fatica! Soprattutto
all’università. Per non parlare di tutti gli anni che ho giocato a pallavolo.
Che tornavo a casa tardi ma mia madre mi faceva sempre trovare qualcosa da
mangiare però poi io per andare a letto dovevo fare tipo la pantera rosa per
non svegliare gli altri…
Quella casa è stata anche un imbarazzo, lo
ammetto. Quando andavo nelle case dei miei amici c’era sempre una camera per
ognuno, una sala, degli spazi ordinati mentre nel nostro buco la porta del
bagno dava in cucina e non sapete quante persone che avevano bisogno di andarci
ci chiedevano se potevamo accendere la tele per sentirsi meno in imbarazzo!
Ho vissuto poco quei due locali da ragazzina.
Appena potevo uscivo. Andavo in centro prendendo la metro sotto casa, una cosa
che tutti mi invidiavano. Avevo il tram davanti al portone e mi sembrava di
avere Milano a portata di mano: fantastico.
Quando qualcuno veniva a dormire da noi era
sempre una sorta di tetris:
bisognava spostare sempre qualcosa per farne combaciare qualcun'altra. Però quando
sono andata via di casa per andare a giocare a Vigevano mi mancava tutto di
quella portineria, di casa mia. Mi mancava il pavimento che vibrava leggermente
quando passava la metro, mi mancava lo sferragliare del tram o la voce della
signorina che annunciava i treni in stazione; mi mancava la pizza del Mundial e
l’ostinato berciare dei cocoriti.
Adesso sono quattro anni che non vivo più con
i miei ma piazza Bottini è sempre stata un riferimento per me. Passavo da loro
per farmi tenere Cam le (poche) volte che andavo a teatro in centro. Passavo di
li quando volevo mangiare il cinese della Maria o quando volevo andare al
mercato del Sabato.
E oggi invece finisce un’era.
Quella casa che per tanto tempo ho disprezzato
sognandone una mia, una più grande, una più luminosa, una semplicemente con una
camera…non ci sarà più o meglio non sarà più casa nostra.
Mi spiace soprattutto per come hanno
miseramente trattato mia madre.
Gridandole in faccia cose irripetibili,
facendole una guerra alle spalle, insultando mio padre. Lei che per quel lavoro
e quel condominio ha dato tutto. Lei che era sempre disponibile anche oltre l’orario
di lavoro. Che quando ha avuto il tumore, stupidamente, ha preso ferie(!!!) anziché
malattia per andare a fare le chemio. Lei che si è anche sentita dire: e chi gliel’ha chiesto?! Lei che ha
visto nascere bambini, ha visto persone tentare il suicidio, ha sentito mille
pettegolezzi, ha ascoltato mille lamentele, ha offerto tanti caffè, ha fatto
tante torte, ha tenuto mille pacchi, ha aperto case che si stavano allagando,
ha fermato gente con cattivi propositi, non ha preso un giorno di ferie oltre
quelli di ferragosto…ma soprattutto lei che per quel condominio (e i suoi
abitanti) c’è sempre stata negli ultimi ventisei lunghi anni è stata rottamata
come una grondaia che perdeva o come la facciata da rifare.
Sapete che dopo aver preso la decisione di
togliere la portineria, quelli che hanno votato a favore, non hanno più rivolto la parola a mia madre? Davvero! Eppure per
entrare in casa loro dovevano ogni volta passare davanti a lei e ogni volta
hanno guardato per terra o si sono girati dall’altra parte. Le hanno fatto
sapere qualcosa scrivendole biglietti o chiamando l’amministratore, una guerra
fredda di cui ancora oggi fatico a capacitarmi.
Ma oggi finirà anche quella. Lasciamo in quel
condominio un sacco di ricordi, la mia infanzia e giovinezza, poche stimate
persone che spero di non perdere nel proseguo del mio cammino.
Il 31 chiuderemo per l’ultima volta quella
porta che per tanto è stata semplicemente casa nostra, quei pochi metri quadri
che ci hanno visto ridere e disperare ma che soprattutto mi hanno insegnato una
cosa: una persona non si giudica da ciò
che ha ma da ciò che è.
Adoro mia mamma, una donna sorridente ma soprattutto
coraggiosa, perché ha saputo rendere quel buco una casetta in cui non mancava
nulla e in cui soprattutto c’è stato Amore. E ti dico: mamma! Pensa a Rossella: domani è un altro giorno e forse sono davvero
arrivati i tempi migliori!
Saluto piazza Bottini con le lacrime agli
occhi sapendo che tornerò ma che non sarà più la stessa cosa.
Alzo gli occhi verso il palazzo e sorrido perché
nonostante la cattiveria ricevuta ho imparato che…tutto torna.
Ciao piazza Bottini, abbiamo un’altra vita da
iniziare ma tu stai tranquilla…rimarrai sempre nel nostro cuore.
Bellissimo Michi, mi ha fatto venire le lacrime agli occhi. Sei veramente una grande. Un bacio, Marghe
RispondiEliminaCarissimi zia Angela, Miky, Remo e Stefano ... con le lacrime agli occhi vi dico che ci mancherete!!! Abbiamo vissuto sotto lo stesso tetto di piazza Bottini per 15 anni e siete stati x me ed Irene una famiglia. Vi vogliamo bene!!! Michy&Irene
RispondiEliminabellissima pagina di vita.... che rende a noi che leggiamo tante emozioni....che questi valori siano sempre dentro di te.....
RispondiElimina31.05.2015 è finito definitivamente il trasloco.
RispondiEliminaLa porta di piazza bottini si è chiusa dietro di noi e con lei una parentesi della vostra/nostra vita.
Sono entrata per la prima volta in quella casa nel 2006 avevo 9 anni in meno e parecchi kg in meno :-). Mi avete accolta come una figlia .. insieme abbiamo passato momenti belli - bellissimi - brutti - bruttissimi e tutti in quei 40 mq!
Ricordo feste di compleanno/Natale che siamo arrivati a starci in 16 intorno a quel tavolo seduti stipati su quella cassapanca. Ma ci stavamo e non c'era neanche la sensazione di stare stretti.
Piazza Bottini era un rifugio per tutti. Ed Angelona era (e comunque resta) la confidente preferita sempre pronta a dare un buon consiglio, ad offrire un abbraccio ed un caffè.
Spesso la mattina prima di andare in ufficio alle 7 suonavo il citofono per fare colazione con lei...brioches al cioccolato per me e vuota per lei. di sottofondo il russare del Chicco e Remo che si alza per andare in bagno rispedito subito a letto.
In questi giorni/settimane di trasloco ho visto pian piano la casa smantellarsi ed ho visto Angelona lasciare in quelle 4 mura gran parte del suo cuore.
Ho visto lacrime sul viso di molte persone al pensiero che lei non sarà più li ed ho visto quanto bene c'era intorno a questa donna.
Non si deve permettere a 4 poveracci di rovinare 30 anni d'amore.
"Si può togliere una portinaia dalla portineria ma non la portineria dalla portinaia"
sono passaggi della vita duri , e sono tante le persono che passano da queste situazioni.... ma coraggio .. a me personalmente la vita ha insegnato che anche un pallone difficile puo' essere schiacciato forte , e a volte vincere uno scambio difficile puo' cambiare la partita ,,,, e voi che avete giocato a pallavolo sapete bene che e' cosi'....bisogna provare a superare questi momenti senza guardarsi troppo indietro
RispondiElimina