Tanti anni fa ho vestito i panni
della giornalista per un giorno. Ero
alle medie, credo fosse la terza.
dal sito www.inviatoquotidiano.it |
La mia adorata professoressa di italiano ci aveva dato
un compito speciale: dovevamo trovare delle persone che avevano vissuto la
seconda guerra mondiale e intervistarle.
Già a 13 anni mi piaceva scrivere
e sognavo che da grande avrei fatto la giornalista. Quel compito mi era
sembrato un sogno! Insieme al mio inseparabile amico Antonio ho cercato di fare
mente locale sulle persone che potevano aver vissuto negli anni della seconda
guerra mondiale e le approciai con entusiasmo. Penna e bloc notes in mano,
bussavo alle porte delle persone più anziane che conoscevo ma ben presto il mio
entusiasmo evaporò e si trasformò in un altro sentimento.
Accadde il pomeriggio che
intervistammo il papà di un amico di famiglia. Nel 1944 non aveva neanche 16
anni e aveva già perso molti amici a causa dei bombardamenti sulla città. Uno
dei racconti che ci conquistò di più fu quello relativo al “Pippo”
ovvero l’aereo che volava basso sopra la città con una
sirena accesa per avvertire le persone di un imminente attacco aereo e quindi
la necessità di correre nei rifugi.
E mentre io ed Antonio prendevamo
nota, pensavamo a quel piccolo aereo che sfiorava i palazzi e ci immaginavamo
la luce rossa appesa sul davanti ed il suono forte ed intermittente che
riempiva l’aria e quasi ci sembrava di essere lì. Ci sembrava una cosa così avventurosa!
Poi alzai gli occhi dal foglio
perché il signore aveva smesso di parlare. Con una mano si stropicciava un
occhio che era diventato tutto rosso
e che si era riempito di lacrime.
Ci fu un lungo momento di silenzio
ed io e il mio amico reagimmo come due ragazzini, alzandoci di colpo dalla
sedia e ringraziandolo frettolosamente per poi avvicinarci velocemente alla
porta. Quella commozione ci aveva
toccati fortemente. Quella che era iniziata come un’avventura attraverso le
parole e i ricordi di chi aveva vissuto quei tempi, si era trasformata in un viaggio nei ricordi si ma…soprattutto
nelle emozioni. Quelle che cinquanta anni dopo erano ancora vive, nello stesso
modo, nel corpo di un uomo che aveva visto la sua vita sconvolta da uno dei
conflitti bellici più brutti della Storia.
Questo episodio mi è venuto in
mente in questi giorni tragici in cui noi milanesi, italiani, europei viviamo
la solita vita tra vacanze, ufficio e maltempo eppure in una parte del mondo
(non l’unica purtroppo) continuano a cadere bombe, a passare aerei di
distruzione, a morire innocenti. Di
fronte ad un televisore che ci porta la morte
in diretta guardiamo con distacco, dimentichi ormai di come soli 60 anni fa
la stessa sorte sia toccata a noi. E di come purtroppo la guerra sia qualcosa di reale e di costante nella storia
dell’umanità, mai qualcosa di avventuriero.
Ho sempre amato quel compito
anche se mi aveva fatta imbarazzare come non mai. Far piangere un nonnino, una
cosa che pensavo mi avrebbe mandata all’inferno. Però penso mi abbia fatta crescere come persona e penso che
sarebbe un compito ancora attuale, anche se ormai trovare testimoni di quegli
anni bui è sempre più difficile. Perché leggere i libri e guardare i
documentari va bene ma solo una persona, il suo corpo, le sue emozioni credo riescano
a trasmettere al meglio l’emozione della vita.
Controllando su internet ho trovato queste versioni sul "Pippo":
- la leggenda del Pippo
- La storia di quell'aereo misterioso
- Museo della seconda guerra mondiale: chi era Pippo?
- Testimonianze anonime: Pippo
- Italia parallela: la vera storia di Pippo
Nessun commento:
Posta un commento