giovedì 31 luglio 2014

Guerra: quando le bombe cadevano (anche) su di noi - testimonianza diretta



Tanti anni fa ho vestito i panni della giornalista per un giorno. Ero alle medie, credo fosse la terza.
dal sito www.inviatoquotidiano.it
La mia adorata professoressa di italiano ci aveva dato un compito speciale: dovevamo trovare delle persone che avevano vissuto la seconda guerra mondiale e intervistarle.

Già a 13 anni mi piaceva scrivere e sognavo che da grande avrei fatto la giornalista. Quel compito mi era sembrato un sogno! Insieme al mio inseparabile amico Antonio ho cercato di fare mente locale sulle persone che potevano aver vissuto negli anni della seconda guerra mondiale e le approciai con entusiasmo. Penna e bloc notes in mano, bussavo alle porte delle persone più anziane che conoscevo ma ben presto il mio entusiasmo evaporò e si trasformò in un altro sentimento.
Accadde il pomeriggio che intervistammo il papà di un amico di famiglia. Nel 1944 non aveva neanche 16 anni e aveva già perso molti amici a causa dei bombardamenti sulla città. Uno dei racconti che ci conquistò di più fu quello relativo al “Pippo” ovvero l’aereo che volava basso sopra la città con una sirena accesa per avvertire le persone di un imminente attacco aereo e quindi la necessità di correre nei rifugi.
E mentre io ed Antonio prendevamo nota, pensavamo a quel piccolo aereo che sfiorava i palazzi e ci immaginavamo la luce rossa appesa sul davanti ed il suono forte ed intermittente che riempiva l’aria e quasi ci sembrava di essere lì. Ci sembrava una cosa così avventurosa!
Poi alzai gli occhi dal foglio perché il signore aveva smesso di parlare. Con una mano si stropicciava un occhio che era diventato tutto rosso
e che si era riempito di lacrime.
Ci fu un lungo momento di silenzio ed io e il mio amico reagimmo come due ragazzini, alzandoci di colpo dalla sedia e ringraziandolo frettolosamente per poi avvicinarci velocemente alla porta. Quella commozione ci aveva toccati fortemente. Quella che era iniziata come un’avventura attraverso le parole e i ricordi di chi aveva vissuto quei tempi, si era trasformata in un viaggio nei ricordi si ma…soprattutto nelle emozioni. Quelle che cinquanta anni dopo erano ancora vive, nello stesso modo, nel corpo di un uomo che aveva visto la sua vita sconvolta da uno dei conflitti bellici più brutti della Storia.
Questo episodio mi è venuto in mente in questi giorni tragici in cui noi milanesi, italiani, europei viviamo la solita vita tra vacanze, ufficio e maltempo eppure in una parte del mondo (non l’unica purtroppo) continuano a cadere bombe, a passare aerei di distruzione, a morire innocenti.  Di fronte ad un televisore che ci porta la morte in diretta guardiamo con distacco, dimentichi ormai di come soli 60 anni fa la stessa sorte sia toccata a noi. E di come purtroppo la guerra sia qualcosa di reale e di costante nella storia dell’umanità, mai qualcosa di avventuriero.
Ho sempre amato quel compito anche se mi aveva fatta imbarazzare come non mai. Far piangere un nonnino, una cosa che pensavo mi avrebbe mandata all’inferno. Però penso mi abbia fatta crescere come persona e penso che sarebbe un compito ancora attuale, anche se ormai trovare testimoni di quegli anni bui è sempre più difficile. Perché leggere i libri e guardare i documentari va bene ma solo una persona, il suo corpo, le sue emozioni credo riescano a trasmettere al meglio l’emozione della vita.

Controllando su internet ho trovato queste versioni sul "Pippo":


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