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Sarà che sono un'indecisa cronica e che per me scegliere è sempre stato complicato.
Che si tratti di un paio di scarpe o del film da vedere, sono spesso dibattuta e amica del dubbio.
Di solito Settembre per me significava una cosa sola: riprendere a giocare, riallacciare il filo interrotto a fine campionato, verso Maggio, con la pallavolo.
Questo Settembre per me è stato diverso: nessun borsone da preparare, tutte le sere libere, nessun nuovo paio di scarpe da comprare, niente allenamenti, niente squadra. Niente pallavolo. Una cosa che non mi accadeva da quasi 17 anni!
Mi ero quasi messa il cuore in pace. Ero riuscita ad allontanarmi dalla pallavolo-dipendenza e poi tac! La chiamata che non ti aspetti, una
squadra vittima di un infortunio di una sua atleta ed un possibile nuovo inizio. Piccolo particolare: cen-to vent-ti chilometri di distanza almeno quattro volte a settimana.
Giorni di dibattiti interni ed esterni, tensione che mi si è accumulata nelle spalle e nello stomaco, la felicità per la considerazione e la paura di non reggere di nuovo un ritmo da pendolare del volley e di lavoratrice.
In nottata ho deciso, svegliata dagli incubi: NO.
Penserete: addirittura incubi? Addirittura, si.
Se penso ad una palla di pallavolo mi viene voglia di prenderne una in mano e di farla rimbalzare sul terreno. Poi fermarla, allargare tutte le dita su di lei, sentirne la pelle e la pressione e rifarla rimbalzare. Penso alla posizione delle braccia di un bagher, al suono della palla che tocca i miei avambracci, al salto per un primo tempo e allo schiaffo alla palla ogni volta in un punto diverso. Qualcosa di unico che mi emoziona e mi invoglia al solo pensiero.
Nella vita ho provato tanti sport, mi piace muovermi, adoro giocare.
Ma se penso alla mia pallavolo degli ultimi anni vedo solo tanti sbattimenti, tante persone insignificanti, tante bassezze che mi hanno fatto perdere il gusto di sacrificare la mia vita per questo sport.
La chiamata di settimana scorsa mi ha spolverato l'orgoglio e la passione ma la distanza e le strade buie che avrei dovuto percorrere tornando a casa 4 sere a settimana all'una di notte mi hanno scoraggiata.
Questa mattina mi sono alzata che sembravo un pugile sconfitto: avevo gli occhi gonfi di lacrime della sera prima e delle occhiaie da trucco zombie. Davanti allo specchio, che rifletteva la mia faccia triste, non ho visto entusiasmo, non ho visto desiderio e...mi è spiaciuto un sacco. Chi mi conosce sa quanto vorrei saltare ancora per un campo e schiacciare un pallone ma non sono mai stata una mercenaria a cui bastavano dei soldi per farsi andare bene chilometri, allenatori senza qualità e compagne inacidite.
Questa notte ho scelto che forse non giocherò mai più a pallavolo a livello agonistico ma dormirò tranquilla la notte.
E' stata una scelta difficile e anche dolorosa ma sento che qualcosa di buono, con la buona volontà, arriverà sempre. O quantomeno ci spero :-)
Per ora...pallavolo adieu.
Capisco il momento difficile e la scelta ardua. Penso che tu abbia deciso di vivere lo sport e la pallavolo come lo sono stati in origine: un gioco.
RispondiEliminaSembra una frase banale e sciocca, ma comunque "ti sono vicino".
Per lo meno il tuo travaglio è giunto ad una conclusione: e non è poco!
ciao!
ti abbiamo sempre seguita con amore e anche con tanter difficolta' ma vederti felice di giocare era per noi una gioia ultimamente pero' non era piu' cosi' e allora ....... personalmente penso tu non abbia perso niente hai guadagnato in serenita' e poi non si sa mai magari.......
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